I falsi miti delle battaglie medievali

Un’immagine tratta dalla serie Game of Thrones – HBO

Jon Snow sullo schermo potrà anche permetterselo, ma nella realtà Riccardo Cuor di Leone non avrebbe mai potuto. Ogni volta che vediamo trasposta su pellicola una battaglia campale medievale, assistiamo sempre alla solita sfilza di errori storici per esigenze narrative. Vediamo i più comuni.

1. Le uniformi non esistevano

una verde pianura e due masse di soldati rossi contro blu; accurato come una partita di Risiko e autentico come una banconota da 7 euro. Durante il medioevo soltanto gli ordini religiosi come i Templari portavano tutti la stessa uniforme. Il grosso dei soldati dei comuni italiani, ad esempio, doveva provvedere da solo al proprio equipaggiamento. Questo faceva sì che non ci fosse un fante uguale all’altro e che borghesi e nobili avessero un equipaggiamento decisamente migliore dei popolani. I miliziani combattevano in schieramenti compatti e si radunavano sotto gli stendardi, piuttosto che affidarsi a uniformi o a scudi dipinti; questi sì, c’erano ma erano decorati in maniera diversa a seconda della provenienza del soldato e di certo non erano uguali per tutta l’armata. La cavalleria nobile, poi, tendeva ad usare le insegne della propria casata, contribuendo alla diversità.

2. Le cariche da grande distanza erano impossibili

Provate a immaginarvi ricoperti da 30 kg di ferro, correre urlando per cinquecento metri per poi scontrarvi col nemico completamente esausti, tanto da non riuscire manco a sollevare l’arma. Le cariche di fanteria partivano da distanza ravvicinata (100-150 metri) dopo una fase di avvicinamento a passo d’uomo, esattamente come oggi vediamo fare alla Polizia durante i disordini. Ovviamente in caso di cariche di cavalleria, le distanze potevano dilatarsi ma anche i cavalli potevano stancarsi, anche perché erano bardati anch’essi.

3. La battaglia non era un insieme di duelli

L’altro grande classico della finzione bellica è vedere gli schieramenti entrare a contatto e dividersi in tanti piccoli duelli singoli, ad esaltare l’abilità schermistica individuale. Falsissimo. Gli scontri avvenivano quanto più possibile in formazione compatta spalla a spalla e rompere lo schieramento avversario era proprio una strategia per soggiogarlo o mandarlo in fuga! Durante lo scontro, separarsi dai propri compagni era un ottimo modo per essere attaccati di fianco, alle spalle o da più persone, rendendo svantaggioso il duello singolo. Anche nella cosiddetta “mischia” (melee), quindi, si cercava il più possibile di rimanere vicino ai propri compagni.

4.Nessuno indossava mantelli

Un ottimo modo per farsi strattonare dal nemico o inciampare, il mantello era un indumento da viaggio ingombrante e non trovava spazio di certo in una battaglia. No: neanche tra i cavalieri. Inoltre le battaglie venivano spesso combattute tra primavera e autunno: d’inverno gli eserciti tendevano a non spostarsi per via della scarsità di approvvigionamento e le difficoltà climatiche (non c’erano di certo strade asfaltate, e anche quelle lastricate in grande stile dagli antichi romani non erano più mantenute efficienti come prima), rendendo il mantello poco utile.

5. Il comandante che urla gli ordini

“Arcieri: scoccate!” grida il generale. E duemila arcieri eseguono all’unisono, manco lo avesse urlato Pavarotti. Gli ordini venivano emanati con l’uso di ampi gesti, bandiere o strumenti musicali quali i tamburi: urlare in una pianura affollata da 20.000 persone non era un metodo efficiente per farsi udire. Se l’unità era distante, poi, gli ordini venivano veicolati da staffette (che rappresentavano un gustoso bersaglio). Questo avvenne fino alla Prima Guerra Mondiale dove iniziò ad essere utilizzato anche il telefono, che poi lasciò spazio alla radio.

6. I cadaveri abbandonati sulla pianura

In un’epoca di superstizione religiosa come il medioevo, abbandonare i corpi senza sepoltura cristiana era visto come peccaminoso. I cadaveri venivano spogliati di ogni cosa utile e seppelliti in fosse comuni (talvolta bruciati, specie nelle culture pagane). Soltanto i corpi dei nobili potevano sperare di tornare al luogo d’origine, ma spesso venivano sepolti in monasteri vicini al luogo dello scontro. Nel caso dei re, il loro corpo veniva spesso eviscerato o bollito per conservarne organi e ossa da mettere in appositi reliquiari o seppelliti in luoghi diversi: il cuore qui, il corpo là. Diverso il fato dei nemici di fede religiosa avversa: durante le crociate, da ambo le parti, si possono riscontrare episodi brutali come decapitazioni di massa e massacri di civili.

7. Il “caricone” folle dritto sui lancieri

Classificabile come “suicidio assistito”, andare alla carica su un gruppo di lance abbassate significava organizzare un grosso barbecue a base di spiedini umani ed equestri. I lancieri storicamente venivano attaccati dai fianchi o da dietro, qualora essi non fossero protetti da altre unità. Erano infatti una vera e propria nemesi della cavalleria, e insieme alla polvere da sparo ne contribuirono al declino nel ‘500. Durante il rinascimento esistevano soldati appiedati armati di speciali spadoni, il cui compito era proprio di intrufolarsi tra le lance per troncarle (senza assicurazione ma con paga doppia).

E ce ne sarebbero molte altre, come il fatto che i Vichinghi non indossavano elmi cornuti e che essi sono un’invenzione ottocentesca per rappresentarli in maniera pittoresca a teatro, che gli spadoni a due mani sono sempre impugnati male (anche nella foto) in quanto la mano sinistra stava sul pomo e non immediatamente sotto la destra, in modo da gestire meglio la “leva” della spada, che le armature di piastre dei film proteggano poco o niente dai colpi di taglio, quando fu proprio la loro funzione principale, ecc.

Ma tant’è, ormai siamo abituati così.

Pubblicato da Lorenzo Fabre

Lorenzo Fabre è un blogger e scrittore genovese. Il suo racconto d'esordio "La pillola" è pubblicato nell'antologia Continuum Hopper (Della Vigna), vincitrice del Premio Italia 2017. Fabre è anche tra i vincitori del Premio Racconti Liguri 2017 e si è classificato secondo al Premio G. Viviani 2017 per racconti fantasy. Recentemente ha pubblicato racconti di fantascienza nelle antologie Sarà sempre guerra e Futura Lex. Tra le sue passioni, oltre la scrittura, c'è anche la recitazione teatrale, la storia e la scherma storica medievale, i videogiochi “con bella trama”, le serie televisive avvincenti quali Game of Thrones, Black Sails, Breaking Bad e The Walking Dead, e le scienze, con particolare attenzione a quelle mediche e biologiche. Per ogni altra informazione il suo sito è http://lorenzofabre.com.

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