Chissà se è stato un caso che a interpretare il cattivo di questo film sia stato scelto proprio Luigi Lo Cascio, che in una famosissima scena de La meglio gioventù, riceveva da un professore il consiglio di andarsene dall’Italia e dai suoi dinosauri da distruggere.
Questa volta a essere minacciata è l’università romana La Sapienza, che Lo Cascio proverà a punire per la sua miopia nei confronti dei giovani ricercatori. La banda dei ricercatori universitari guidata dal bravissimo Edoardo Leo, arrestata nel secondo capitolo per aver confezionato delle smart drug, è l’unica speranza per catturarlo.
Sydney Sibilia, il regista trentaseienne con il nome più scritto sbagliato di sempre, gira con ironia degna delle commedie americane anni ’80 questo capitolo conclusivo assolutamente all’altezza dei due precedenti film, che di fatto costituiscono una vera e propria miniserie senza soluzione di continuità. Nonostante la strizzata d’occhio a Breaking Bad sia molto più che casuale (e nel primo capitolo una battuta lo conferma), Sibilia riesce a farne un vero e proprio spin-off comico come già Lo chiamavano Jeeg Robot poteva esserlo dei vari Avengers e simili prodotti Marvel.
Difficile non ridere ma la risata non è mai amara, anche se l’argomento è delicato. Se eccettuiamo le attrici di sesso femminile a volte un po’ sopra le righe (ma con la difficoltà di avere gli unici ruoli non comici del film), la prova attoriale è di primissimo livello: la pellicola si avvale di attori spettacolari che farebbero ridere anche gli invitati a un funerale – alcuni dei quali già apprezzati in Boris – e riesce a raccontare in maniera leggera il dramma dei ricercatori italiani. Essi sono da decenni costretti a ottenere contratti a tempo determinato, dagli stipendi ridicoli, schiacciati dai baroni e dai loro appoggi politici e in lotta tra loro per una cattedra o un finanziamento. Chi ha studiato all’università non faticherà a riconoscersi nel biologo o nel chimico che prende 1000 euro al mese per insegnare a una classe di alunni svogliati, nonostante abbia creato un progetto di ricerca all’avanguardia, o al latinista o l’archeologo in disperata ricerca di un percorso professionale adeguato al suo expertise.
Ha difetti: forse l’eccesso numerico di protagonisti, molto caratterizzati ma costretti loro malgrado ad avere uno screen-time cadauno molto contratto, e il finale decisamente scontato. C’era da aspettarselo comunque da una commedia leggera e ad ogni modo neanche a mostri sacri come Christopher Nolan viene mai contestato questo stesso fatto: perché farlo a un film comico?
Se il cinema italiano darà spazio a registi e sceneggiatori come Sibilia, c’è buona speranza che a Natale possiamo mandare in pensione i cinepanettoni per un po’ di ironia intelligente, non banale e spassosa.
Rimediate se non avete visto i primi due e corrette a vederlo!
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