Senza mezzi termini: sono entusiasta di “Black Sails“, dopo avere visto la seconda stagione.
Non tra le serie più note: si tratta della vicenda, in parte vera, dei pirati che infestavano i Caraibi nel settecento, tra cui diverse figure realmente esistite (Charles Vane, la piratessa Anne Bonny, Calico Jack ecc), mischiata con il romanzo di Robert Louis Stevenson: ” l’isola del tesoro”, di cui la serie rappresenta un azzeccato prequel: finalmente possiamo vedere come il capitano Flint proverà a mettere le mani sul favoloso tesoro che Long John Silver cercherà di arraffare a sua volta nel romanzo.
La prima stagione parte decisamente a rilento con i primi due-tre episodi che rischiano di allontanare il pubblico per via della lentezza delle vicende e per i personaggi un po’ tanto sopra le righe. Tutto viene ridimensionato andando avanti fino alla fine della prima stagione, dove, secondo la migliore tradizione delle moderne serie, succede un po’ di stravolgimento, comprese diverse morti illustri.
Ma è nella seconda stagione che si sfiora il capolavoro: il cambio di registro della sceneggiatura verso toni più seri e cupi, non fa che tenervi incollati alla poltrona fino all’escalation finale.
C’è un po’ di sesso in Black Sails, promiscuo e bisessuale, ma non quanto altre serie come Il Trono di Spade ci hanno abituato; e il sesso è funzionale a far comprendere bene i rapporti tra i personaggi e il loro passato. C’è violenza, ma è sempre dosata e mai gratuita. Ci sono personaggi privi di morale che cambiano ed evolvono con archi narrativi non banali, non ultimo l’interessante Capitano Flint, il vero “re” della serie, più che John Silver, e l’ambiguo Vane.
Insomma: per tutti gli amanti dell’avventura, delle spade e dei pirati, questa serie vi darà sicuramente un ottimo intrattenimento.
Una opinione su "Black Sails: quando i primi tre episodi rischiano di allontanarti da una serie splendida"