
Nella prima parte di questa serie di post nostalgici abbiamo visto come funzionava la tua iniziazione a Dungeons & Dragons (D&D). Ma quello era solo il primo passo nel mondo dei giochi di ruolo (GdR): ora si faceva sul serio.
Manuali e negozi
Dopo alcune partite a D&D, senti il bisogno di portare a casa con te un pezzo di questa nuova religione che hai sposato. Convinta la mamma a darti trentamila lire per comprare il tuo primo manuale, realizzi di vivere in una città di 600.000 abitanti di cui forse duecento scarsi giocano di ruolo, tutti nella fascia di età 12-24. Niente Whatsapp o facebook per trovare altri giocatori. Ogni giocatore ha per club casa sua ma un luogo di aggregazione centrale deve pur esserci!
Nella Genova degli anni ’90 il negozio di riferimento che vendeva D&D era il “Centro Gioco Educativo” situato sotto i portici in corso Buenos Aires, fino alla sua chiusura nel 2000 (ha riaperto di recente nella stessa via, scopro da Google).

Addentrandoti nel verde del negozio come fosse la tana di un drago delle paludi, noti uno scaffale laterale che custodisce le variopinte scatole dei giochi di ruolo, attorniate da tubi di dadi di ogni foggia e colore. Quelli marmorizzati costavano di più, come se fossero armi decorate e speciali, e in fondo lo erano: attrezzi del mestiere del giocatore di ruolo.
Finalmente, leggendo i manuali, impari a capire i biechi segreti del Dungeon Master, a comprendere tutte le volte che ti ha fregato sulle regole e barato coi tiri (nota: è bene che il DM bari ogni tanto e aggiusti l’avventura, ma solo per far divertire tutti!). Per il tuo cucciolo in armatura di piastre, anni prima dell’invenzione del Tamagotchi, tu vuoi sempre il meglio: oggetti magici, armature, cavalli e armi incantate.
Pian piano la tua libreria si affolla di manuali che trattano di magie e leggende. Le tue occhiaie non sono dovute soltanto a “Le Ore” o alle pubblicità delle chat-line erotiche in onda dalla mezzanotte su Italia 7, ma anche alle nottate passate a sfogliare l’atlante dei Principati di Glantri o il modulo X1 L’isola del terrore. E pure alcuni libri in inglese che hai ordinato via posta da “I giochi dei grandi” – che te li spedisce addirittura da Verona – o l’Antro del Drago di Massa.
Tra una partita e l’altra il tuo personaggio cresce come cresci tu, in statura e non solo. La Samp vince incredibilmente il suo unico scudetto nel ’91 e il Genoa va in UEFA trascinato da Aguilera e Skuhravy: improvvisamente tutti i liguri si scoprono anche tifosi oltre che mugugnoni. Nel ’92 apre l’Acquario e presto a Genova si moltiplicano anche i negozi che vendono materiale correlato ai giochi di ruolo: Dice & Dragon in salita del fondaco (poi in corso Buenos Aires) e il mitico, mai dimenticato Blues Brothers, prima in via Tommaso Invrea e poi in via Rivale, alla Foce.
Passano le estati e il mare appare invitante, ma per te lo è molto meno di una bella partita a D&D. Per i tuoi amici invece non è sempre così (e ora capite cosa prova Will Byers in Stranger Things) e l’entusiasmo di qualcuno scema. Inizi a sentire il bisogno di trovare nuove persone sempre pronte a brandire la spada o la bacchetta e scopri che in molti, come te, hanno questo bisogno.
I negozi, quindi, diventano improvvisamente luoghi di aggregazione per nerd: finalmente i vampiri ludoruolistici possono uscire dall’ombra, aggregarsi e trovare tavoli verdi da condividere con i generali delle costose armate di Warhammer. Nascono anche le prime associazioni culturali (ricordo ancora La Centuria in uno sgangherato appartamento di via Tolemaide) e si indicono i primi tornei di Dungeons & Dragons: più truccati di Malgiolio ma sempre con il loro fascino.

Tu, intanto, continui la tua opera di conversione religiosa di nuovi player. Ecco che apri più gruppi paralleli: c’è quello coi compagni di scuola, quello coi compagni di calcio/oratorio, quello estivo che masterizzi nella casa di campagna. Ottimo perché ti ricicli le avventure tra un gruppo e l’altro! La mente viaggia e sospetti che nei boschi dell’entroterra ligure ci siano davvero gli orchi. Sicuramente i lupi, ma secondo te pure qualche draghetto. Sembra che giocherai a D&D per sempre e nulla ti potrà fermare!
Eppure, un giorno del 1993, sul tavolo verde dove dieci minuti prima gli Space Marines avevano asfaltato un’armata di Gretchin, un ventenne sovrappeso e uno col codino si sfidano giocando con strane carte colorate che vengono dall’America. Parlano di tappare e stappare, ma non sono idraulici né sommelier. Le carte sono in inglese, hanno il bordino bianco e dietro c’è scritto “Magic the gathering“. Non è scopone né briscola: qui si sfidano due maghi che guidano eserciti di draghi, assassini e forze della natura che traggono energia dalle “lande” (dalla traduzione maccheronica di “land” che poi diventeranno “terre” nelle edizioni italiane). Ben presto, fiumi di ragazzi si trovano a sfidarsi con quelle carte che possono comprare anche in edicola. E’ l’inizio del declino per D&D. Comincia l’era dei giochi di carte collezionabili!!!
It’s a kind of Magic

Nel ’93 il mondo dei giochi di ruolo era in pieno fermento e stava conoscendo un’altra epoca d’oro che non si vedeva dai primi anni ’80. Erano stati tradotti nuovi GdR tutti provenienti dagli USA e non si era più limitati a interpretare soltanto eroi medievali. Potevamo essere investigatori dell’incubo alla Dylan Dog, vampiri assetati di sangue o cyberguerrieri in un mondo stile Blade Runner e persino interpretare gli eroi di Star Wars.
Ma il grosso dei giovani odia quei regolamenti diversi e complicati, tutti quei dadi strani… mentre è affascinato dalle “figurine” stampate su quelle carte e dalla possibilità di costruirsi il proprio mazzo personale. Mazzo rosso e nero d’attacco, Blu e bianco difensivo… ognuno ha la sua strategia. Tutti iniziano a giocare a Magic e anche coloro che militavano nel tuo gruppo di D&D perdono interesse. I termini Revised, Alpha, Beta, Unlimited, Arabian Nights, Dark… entrano subito nel dizionario dei teenager e dei ventenni. Si gioca sui banchi di scuola durante le lezioni, nell’intervallo… ogni volta che si può. Le bustine con 15 carte da aprire sono spesso accompagnate da urla di gioia o disperazione se non è uscita la carta che volevi e allora via agli scambi sotto il banco che scansati Pablo Escobar (che muore nello stesso anno). I tornei di D&D lasciano il posto a quelli di Magic dove effettivamente si vincono buste e carte. La Foce di Genova, quartiere da sempre ricco di negozi di giochi di ruolo, si riempie di quelli che oggi chiamiamo impietosamente bimbiminkia tutti a caccia di draghi di Shivan e Assassini Reali e chi collezionava le tessere telefoniche della SIP, ora riempie i suoi album con la creazione milionaria della Wizard of the Coast (WOTC).

Io rimango poco impressionato da Magic: ho sempre odiato le estati passate a vedere gente che gioca a cirulla (la “scopa” ligure) e provo avversione per le carte e le figurine in genere. Gioco anche io, perché alla fine lo fanno tutti; scambio le carte ma vivo ogni cosa forzosamente mentre la mia mente sogna ancora le selvagge piane di Karameikos e le incontaminate (non sempre) foreste elfiche di Alfheim. Magic è un vero terremoto nel mondo ludico e presto i giochi di ruolo iniziano a precipitare nell’abisso del démodé, soprattutto quando nel 1994 le carte vengono tradotte in italiano. L’era dei giochi di carte collezionabili aveva fatto conoscere le ambientazioni fantasy anche a coloro rimasti fermi a Fantaghirò. Eppure, quando proponevi D&D a un giocatore di Magic, alla famosa affermazione che “va fatto tutto con l’immaginazione” lo vedevi fare spallucce e chiederti una partita a Magic per provare il suo nuovo mazzo con gli artefatti e le terre doppie.
Back to basics
Finita la breve infatuazione per Magic (per molti non è durata che un paio d’anni), arriva il liceo e saluti gli amici che hai conosciuto alle medie. Ti trovi improvvisamente nelle stesse condizioni del tuo “iniziatore” (che ha abbandonato egli stesso i GdR): non hai più giocatori, proprio adesso che avresti quasi quasi la voglia di fare il Dungeon Master; ma sei circondato da persone non interessate.
Ma la fortuna ti mette in una classe con persone piene di potenziale, o forse trovi qualche altro “orfano” come te che non ha più un “party” (così è detto in gergo il gruppetto di avventurieri interpretato dai giocatori). Oppure recluti tra chi è stufo di Magic come te ma ha interessi verso il fantasy. Allora, in quel pomeriggio del 1995, come Bilbo Baggins col suo zaino in spalla inizi un’avventura con nuovi amici, esattamente come stai facendo nella vita passando alle superiori: basta Tartarughe Ninja, addio GI-JOE, bye bye galeone dei Playmobil o i giochini elettronici Gig Tiger. Sei al liceo e sei grande per queste cose! Ok, lo eri già alle medie ma… qualche lotta tra Shredder e Leonardo te la facevi ancora. Mobbasta!

Inizi quindi a rivalutare nella mente i giochi di ruolo come un modo che “i grandi” hanno di giocare senza usare pupazzetti o spendere centinaia di migliaia di lire in carte di Magic. Non ne hai bisogno: tutto quello che ti serve sta tra il collo e i capelli. Anche una mano per lanciare i dadi e usare la matita.
Passi dal D&D base all’Advanced, il regolamento avanzato con più classi e razze: hai fame di maggior realismo. I tuoi nuovi amici ti vengono dietro: pure troppo! Con quelli già veterani inizi a fare proselitismo e convertire nuovi adepti che il prete di Age of the Empires o i Testimoni di Geova al confronto sono poppanti! Finalmente hai superato la tua paura e sei asceso al ruolo divino di Dungeon Master, magari a rotazione con gli altri giocatori.
Ma stai per imparare la tua prima grande lezione sui rapporti umani. Presto, il gruppo da 4 persone diventa da 6 e poi da 8! Cazzo, io credo di aver “masterizzato” una partita con 15 persone, una volta: tutte incazzate nere perché il loro turno non arrivava mai! Tutti sono incuriositi da quel mondo ma molti, dopo il primo assaggio, fuggono.
Le persone non sono buone o cattive… sono solo persone.
“Ciao Master, ti devo dire una cosa.”
“Vai: dimmi tutto!”
“Senti… io c’ho il paladino buono e campione degli oppressi, no… e non mi va di giocare insieme a quel ladro malvagio che interpreta Marco. Voglio dire che c’è un conflitto di allineamento e quindi penso che dovresti far qualcosa… devi dire a Marco di abbassare la cresta se no mi tocca ucciderlo.”
“Ucciderlo? Avete un obiettivo in comune che è quello di sconfiggere il Necromante Sargon: potete anche collaborare. Il tuo personaggio non è scemo: lo capisce che un ladro come quello di Marco, seppur malvagio, è molto utile. Finita la campagna, ognuno andrà per la sua strada.”
“Sì ma… non è che potresti avvantaggiarmi? Voglio dire…. tu sei il Master e io ho il personaggio legale buono che aiuta tutto il gruppo mentre il ladro di Marco… si fa i cazzi suoi e ruba le monete agli altri. Non puoi farmi trovare una spada magica +2 +4 contro non-morti in modo che io diventi il guerriero più forte e quindi più utile al gruppo? Così magari mandiamo via il ladro di Marco.”
“Scusa ma… non è che in realtà ti sta sul cazzo Marco perché l’altro giorno non ti ha fatto copiare i compiti di mate e inglese?”
Molti Dungeon Master, passati e presenti, leggendo questo post mi capiranno di certo. Come in tutti i gruppi è inevitabile che prima o poi si creino o vengano richiesti favoritismi e simpatie. Ed ecco che il gruppo, da coeso e orientato all’obiettivo, diventa una sottospecie di partito politico con correnti e correntine, doppiogiochisti, leccaculo, trasformisti, persone che magari si stanno sul cazzo nella vita reale e quindi tentano di regolare i conti in gioco. E qui, per il DM, diventa scuola di management, altro che gioco di ruolo! Qui impari davvero a gestire un team che Steve Jobs in confronto è un capo scout. Partono liti pesanti: “io non gioco più” – “ti strappo la scheda” – “Roby bara! Si è aggiunto da solo dei punti esperienza: l’ho visto!”
Un bel giorno poi, come la primavera di De André, la pubertà non bussa: lei entra sicura. Era già arrivata alle medie nel fissare con curiosità quella sezione delle edicole un po’ nascosta, piena di tette al vento; ma gli impulsi erano abbastanza dominati da un’alacre attività di falegnameria notturna. Giunto all’Era dei Brufoli, tuttavia, inizi a notare gli esseri femminili non più come frivole rompipalle ma…

Prima o poi capita che uno dei player si faccia finalmente la fidanzata (tra i famosi duecento giocatori di tutta la città, ho omesso di dire che sono tutti maschi). La presenza femminile può essere destabilizzante come quando fu creata la Puffetta e mandata in un villaggio di omini blu che vivono sotto un regime comunista guidato dal Grande Puffo rosso, vestono tutti uguali e dormono dentro funghi velenosi. La ragazza del giocatore di ruolo o viene fagocitata forzosamente in gruppo (1% dei casi) o diventerà una delle famose detrattrici e ostacolo alle partite, ripetendo al servo della gleba di turno l’aforisma “se giochi di ruolo sei sfigato perché non esci con me”.

Infine, arriva il 1997 e la Motorola decide di rendere il telefono cellulare alla portata di tutti, col suo modello 8700 che costava 1 milione e mezzo di lire (750 euro di quando fu introdotta la moneta unica); in genere ce n’è uno per famiglia ma bastano 3 anni e tutti iniziano ad avere il loro personale. Sembra tornata un’altra ondata di benessere e pure Magic appare in flessione (tiè!!!). i GdR, però, non se la passano meglio ma tutto sommato tu hai il tuo zoccolo duro di player motivati!
Ma un’altra minaccia si cela all’orizzonte e incombe sul mondo dei manuali cartacei e dei dadi di plastica: l’avvento del processore Pentium di Intel, che unito a Windows ’95 aveva reso i PC finalmente competitivi contro le console come non si vedeva dai tempi dell’Amiga 500.
Unito il PC all’invenzione di Internet, il mondo dei giochi di ruolo è destinato a cambiare ancora una volta in maniera profonda. Come? Lo scopriremo nella terza e ultima parte, tra qualche giorno! (FINE SECONDA PARTE).
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Una opinione su "Giocare a Dungeons and Dragons e Magic negli anni ’90 (Parte 2)"