Una scena del film: “SuburraFilm” di Errix – http://www.youtube.com/watch?v=bn6A5eivvu8.
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Ci ha abituati veramente bene Stefano Sollima, regista italiano di grande talento e figlio d’arte (suo padre firmò la serie di Sandokan). Prima ci ha dato Romanzo Criminale – la serie e poi è riuscito a superare sé stesso con la serie di Gomorra, esportata anche all’estero, connubio con le opere letterarie del magistrato De Cataldo e Roberto Saviano.
E’ riuscito con Suburra, al cinema in questi giorni, a raccontare le vicende che poi sarebbero sfociate nell’inchiesta “Mafia Capitale“?
Con 1992 e le precedenti serie citate, finalmente la fiction italiana si sta occupando di attualità con meno vergogna del passato. Ancora si inquadrano i protagonisti reali da dietro, spesso non si citano nemmeno, ma finalmente se ne parla.
Ma veniamo al film. Suburra è un film purtroppo rappresentante una battuta d’arresto per il brillante regista che non ha mai frequentato accademie ma solo sfruttato il suo talento.
Il primo tempo è lentissimo e “introduttivo” e fa venire voglia di desistere. Il secondo tira su il film, ma non riesce a fargli superare la sufficienza. Perché? Suburra è un cocktail tra Gomorra e Romanzo Criminale, appunto. E’ un riciclo di idee e storie già padroneggiate dal regista, che avremmo voluto vedere cimentarsi in qualcosa di nuovo. Invece assistiamo al solito “guappo” che vuole fare carriera nel mondo della mala, al boss incazzoso, all’impotenza/connivenza dei parlamentari, alle donne relegate al ruolo di corpi da sesso. Il finale poi è assolutamente non all’altezza.
A volte penso solo che Sollima dovrebbe cambiare “latitudine” e iniziare a raccontare il marcio anche del Nord-Italia, staccandosi da Lazio e Campania: una criminalità che usa meno la violenza fisica ma che sa essere ugualmente spietata.
Il vero sucesso di Suburra, però, sta in quasi tutto il suo cast, davvero ottimo.
Elio Germano è un PR debole e viscido, interpretato magistralmente. Pierfrancesco Favino, ormai titanico, ha tutta la sicurezza dell’attore che è apprezzato anche all’estero e ci consegna un parlamentare di centrodestra fin troppo credibile (il film termina infatti il 12 novembre 2011, prima delle dimissioni di Berlusconi e l’inizio del governi Monti). Adamo Dionisi è Manfredi, un capoclan rom voglioso di successo, gli Anacleti, che viene paragonato da alcuni ai Casamonica, aventi origini nomadi. Un cameo breve ma intenso di Antonello Fassari è la ciliegina sulla torta. Bravo anche Alessandro Borghi, il “numero 8“, forse un po’ troppo sopra le righe.
Un po’ in ombra il cast femminile, relegato in ruoli non indimenticabili, e anche l’ormai stagionato Claudio Amendola (qui in una rivisitazione di Carminati, ex-banda della Magliana) che non riesce mai a uscire dallo stereotipo del romanaccio di borgata, per cui viene chiamato ormai per interpretare solo quello.
Suburra è un film che stenta a decollare e che non lascerà il segno, ma forse servirà a fare “osare” sempre di più gli sceneggiatori italiani a raccontare il marcio del paese.