L’essere umano, si sa, non è un campione di coerenza. Se è vero che “solo gli stupidi e i morti non cambiano mai idea”, è anche vero che molte feste cristiane sono inserite come feste nazionali, a prova indissolubile dell’unione millenaria tra la Chiesa e lo Stato. Ma questo è corretto?
Io festeggio il Natale, ma non mi sento cristiano in senso stretto.
Credo che non siano pochi gli italiani, ma in generale gli occidentali, che festeggino la venuta di Cristo senza crederci particolarmente o soltanto per tradizione. Ed è proprio questa seconda caratteristica che, a parer mio, ci giustifica dal celebrare questo evento collegato a tante tradizioni precedenti, come il salutare il solstizio d’inverno, già in uso tra le popolazioni pagane.
Il Natale non è diventato altro che un contenitore, quindi, di varie feste a lui antecedenti, illuminate dalla tradizione cristiana che comunque ha condizionato il nostro vivere e ci ha donato gioie e complicazioni insieme.
Perché negare che, nonostante il laicismo, l’agnosticismo e l’ateismo ormai dilaganti (per ovvie e giustificabili ragioni), i nostri valori sono basati anche sugli insegnamenti di Cristo? Non andrebbe dimenticato, come non andrebbero dimenticati i misfatti compiuti in nome di questa e altre religioni. Tutto va sempre filtrato dal setaccio della ragione, ma essa non deve snaturarci dalle nostre origini. Altre culture si possono abbracciare ma non devono “soppiantare” la nostra.
Come si dovrebbe forse andare maggiormente verso la spiritualità senza passare per dogmi dettati direttamente da un ipotetico Dio mai davvero dimostrato, senza però finire nelle braccia dell’ateismo becero e cinico. Insomma: “l’umanità” dovrebbe essere la nostra religione.
Con questo pensiero, anche io oggi festeggio il Natale perché volente o nolente ne sono figlio: per tradizione e per la bellezza e poesia dei suoi valori, da molti definiti figlio del buonismo, da altri consumistici.
Ma se ci piace così, perché cambiare?
Auguri a tutti!