Brutta annata per le palme: prima l’olio e ora le bruciano.
Questa è una storia torbida fatta di populismo e ignoranza reciproca. Avrete letto del balzano tentativo milanese di installare un boschetto di palme in Piazza Duomo e dell’incendio doloso che ne ha danneggiate alcune. Tutto preceduto da manifestazioni destrorse che accostano la palma all’Africa e quindi ad un prodotto straniero da respingere. Ad una scelta estetica discutibile (che c’entrano le palme con la famosa piazza meneghina?) si è risposto con una boiata strumentalizzata al 200%. Ma la terza scelta discutibile è quella di ignorare questi segnali di sconforto in nome del buonismo e del quieto vivere.
Le destre xenofobe fanno man bassa di consensi da tempo. Da quando c’è l’ISIS, i migliori Le Pen, Trump, Salvini e compagni battono cassa tra i leoni da tastiera europei: si riparla di pulizia etnica, di affondare i barconi. A favorire la questione c’è l’incapacità europea di gestire il problema migranti, vera benzina sul fuoco e carburante per l’incremento dei saluti romani.
Accostare una palma ad una sedicente africanizzazione è una stupidaggine bella e buona: a Genova si dovrebbe quindi bruciare Corso Italia, il Porto Antico o il viale che porta alla stazione di Nervi, seguendo questo principio. Ma se diverse persone ci sono cascate, o hanno voluto cascarci, significa che queste voci esasperate le abbiamo ignorate per troppo tempo.
Facendo un giro per i quartieri del centro storico e del ponente genovese, i residenti si sentono schiacciati dalla presenza straniera, dal degrado che in molti casi ha portato l’afflusso di persone senza abilità particolari e prospettive di lavoro (ergo -> o delinqui o fai il questuante), dai suoi usi e costumi mai digeriti. Ma i cittadini sono davvero tutti schierati contro gli stranieri? Come dice il titolo, di certo non è così e molti hanno condannato il gesto di bruciare le palme.
La massa è ignorante e facilmente influenzabile: sono secoli che accade. Per sua natura tende a vedere il problema sotto il naso e ignorare quello profondo che non vede o che non tocca direttamente. Solidarizza solo a parole con gli esseri meno fortunati ma prima vuole che tutto sia in ordine vicino a casa propria (“not in my backyard”). E’ completamente sbagliato? Non saprei, ma di certo è umano.
Le famose ultradestre riescono a fare proselitismo laddove i governi più democratici deficitano in meccanismi d’azione efficaci, per non perdere il consenso dell’elettorato di sinistra o ultracattolico, per non andare contro le Nazioni Unite o per semplice mancanza di mezzi. Raramente, ritengo, perché reputano l’assistenza umanitaria un valore fondamentale.
E’ giusto ospitare profughi in fuga dalla guerra? Certamente sì. E’ giusto finanziare in maniera diretta o indiretta tali guerre? Certamente no. E’ giusto ospitare anche profughi non provenienti da zone di conflitto? Probabilmente no, a meno che non serva manodopera. Aiutarli a casa loro? Giustissimo, ma allora non aiutiamoli a combattersi tra tribù, non trivelliamo le loro terre tenendo tutto il prodotto per noi e forniamogli mezzi adeguati per evolvere. Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria e questi sono i prodotti che in parte anche noi abbiamo seminato.
D’altro canto se il grosso delle persone non vuole più sentire che esiste un problema immigrati, è giusto ignorare questa voce affermando che “non c’è soluzione pratica”? Finché la xenofobia spicciola potrà essere sfruttata e strumentalizzata, aspettiamoci altre palme in fiamme e la mancanza di risoluzioni decise è la benzina ideale.