
Tranquilli: niente spoiler.
Ron Howard (già Richie Cunningham di Happy Days) ha ricevuto da Disney l’enorme patata bollente di correggere la produzione di Solo: a Star Wars story (SaSWs), in uscita in questi giorni. Il film fa parte delle “stories”, ovvero approfondimenti di personaggi ed eventi derivati dalla trilogia classica, come l’ottimo Rogue One e i presunti futuri film su Boba Fett e/o Obi-Wan.
In questo film scopriremo la prima “grande” avventura del giovane Han Solo, orfano del pianeta Corellia – un centro industriale che sembra un incrocio tra Cornigliano, Busalla e Sestri Ponente. Scopriremo il suo primo amore, come ha conosciuto Lando e Chewbe e messo le mani sul leggendario Millennium Falcon, in un susseguirsi di incontri con canaglie, inganni e rapine.
La trama non ha nulla di particolarmente sorprendente (se eccettuiamo omaggi e camei) ed è contraddistinta da una linearità quasi rassicurante e senza troppe telenovele come ci hanno abituati i vecchi e nuovi film “coi numeri romani”.
Il film è ambientato in epoca imperiale ma se eccettuiamo una sequenza di battaglia, l’Impero è presente quasi “sullo sfondo” come una grossa seccatura per i criminali che tentano di arricchirsi con il commercio di un prezioso combustibile: il coassio.
Non chiamatelo (soltanto) western
Molti hanno bollato Solo come un western spaziale, in maniera piuttosto erronea: il vecchio Episodio IV ha molti più elementi western di Solo che è piuttosto un action-movie fracassone, un concentrato di laser ed esplosioni che, anzi, prende in giro la seriosità dei western americani con John Wayne.
Solo strizza invece l’occhio agli spaghetti/fagioli western di Leone, Corbucci ecc o al western revisionista Gli spietati di C. Eastwood: protagonisti straccioni e doppiogiochisti, onore praticamente assente, ironia ovunque e antieroi a pioggia. Niente cavalcate verso il tramonto o sfide all’OK Corral, per intenderci: lungo il film si assiste piuttosto a un susseguirsi di rapine a mano armata operate da Han (un discreto ma mai eclatante Alden Ehrenreich) e i suoi soci, di cui sotto.
- Qi’ra (la “madre dei draghi” Emilia Clarke, col difetto di essere sempre sé stessa sia che interpreti Daenerys Targaryen, Sarah Connors o Qi’ra).
- Il legnoso ma efficace Tobias Beckett (Woody Harrelson, anche lui sempre uguale in ogni ruolo ma in questo caso positivamente).
- Lo sciccoso playboy Lando Calrissian (Donald Glover, che però ci fa mancare tanto Billy Dee Williams).
- Per finire, il titanico – in tutti i sensi – Chewbecca (Joonas Suotamo; l’assenza di Peter Mayhew si nota poco sotto il costume poiché il personaggio è molto ben scritto e questo basta).
Blasta che ti passa
Spegnete i cervelli perché Solo è un film poco basato sulle performance degli attori o la psicologia dei personaggi e molto sulla sceneggiatura e gli effetti visivi: non messo bene il comparto dei “cattivi” dato che l’Impero c’è ma è di contorno, mentre i criminali dell’Alba Cremisi non sono così affascinanti come Vader, Krennic o Tarkin in Rogue One; sono piuttosto stereotipati e autogoderecci della loro cattiveria, senza carisma né approfondimento psicologico.
Solo è un “heist-movie” che attinge da moltissime pellicole o perlomeno gli assomiglia: Heat: la sfida, Ocean’s Eleven, Mad Max, i film di James Bond, lo stesso Rogue One e anche il vecchissimo gioco Shadows of the Empire (la sequenza del treno e il mondo criminale di SW). Oltre ad avere un ritmo rapido e incalzante e l’ironia tipica degli action movie a cervello spento. Il film si ispira dunque molto di più al cinema d’azione classico ’80-’90, con le sue didascalie prese già in giro da Balle Spaziali: gli “spiegoni” come se il pubblico fosse idiota, per capirci.
Grande assente la Forza e ogni altro elemento mitologico orientaleggiante introdotto da Lucas: in Solo è il blaster a comandare.
Ultimo ma non ultimo: il finale aperto lascia presagire un Solo 2…
Perché vederlo
- Perché la saga degli Skywalker ci ha un po’ rotto e preferiamo esplorare meglio l’universo di SW fuori dalle telenovele spaziali.
- Perché Solo è un film d’azione senza pensieri, tutto luci e scintille, uscito direttamente fuori dagli anni ’80 come Commando o Arma Letale: l’americanata pura al 100%. Laddove si addentra nella critica sociale (pianeti sfruttati, schiavi e altro) essa è poco ingombrante come quella di Rogue One (che la gestiva comunque benino).
- Chewbecca.
- Perché esplora meglio il mondo criminale di SW, abbozzato negli altri episodi.
- Perché ironia e azione senza respiro sono molto presenti ma ben gestite.
- Perché risponde a mille domande: Solo è un cognome o un soprannome? Han come ha incontrato Chewbie? Come ha trovato il Falcon? E la rotta di Kessel in 12 parsec che significa? E il blaster di Han che sembra una grossa Mauser? E gli wookie, è vero che… no, questa non posso dirvela 😛
- C’è un cameo completamente e piacevolmente inatteso, un po’ come il buon Yoda in episodio VIII.
Dove Solo non funziona
- L’assenza di mito (come la Forza) e il susseguirsi di furti e raggiri e blasterate rendono il film un mero esercizio di battute ed effetti speciali, pur gradevole ma che non arriva mai a farti dire “wow”. A non tutti potrebbe piacere l’assenza di filosofia e il cervello spento quindi se siete in cerca di riflessioni, stategli lontani.
- Il ritmo è frenetico e non c’è mai spazio per una vera e propria “pausa” o un approfondimento psicologico e quindi rimane tutto superficiale.
- Fuori dal cinema, dal surround e dal megaschermo, rischia di perdere molto; pertanto è un film che richiede un setting specifico (il cinema) per essere goduto.
- Assenza di un cattivo degno di questo nome: i tempi di Vader e dell’Imperatore sono lontanissimi.
- Lando è un personaggio sprecato e messo in ombra da Tobias: poco più di un co-co-coprotagonista. Non funziona nemmeno il suo droide L3.
- Assente anche la colonna sonora, laddove Powell deve faticare non poco per sovrastare il rumore delle esplosioni, senza mai fornirci un tema che le nostre orecchie ricordino tranne quando ri-esplora i brani di John Williams.
E quindi?
In conclusione, Solo: a Star Wars story conferma il trend aperto da Rogue One, dove le Star Wars stories diventano ottimi diversivi da una saga che sa un po’ di vecchio. Solo non arriva ad essere bello e ispirato come Rogue One, ma stacca ugualmente i nuovi Ep. VII e VIII. Chi lo vedrà con poca aspettativa e voglia soltanto di passare un paio d’ore su Kessel, lo godrà. Chi cerca di più sarà deluso profondamente.
Appuntamento tra un anno e mezzo per Episodio IX, con la speranza sia una degna conclusione della saga degli Skywalker e l’apertura verso nuovi orizzonti nella galassia lontana lontana più famosa dell’universo!
Una opinione su "Solo: la recensione (senza spoiler)"