Da pochi giorni è disponibile su Disney+ il film di Ridley Scott “The Last Duel“, storia vera dell’ultimo “duello di Dio” avvenuto in Francia tra due cavalieri di fine ‘300. Il film, costato almeno 150 milioni di dollari, non ne ha incassati nemmeno la metà e ora approda sulla piattaforma di streaming di mamma Disney, che lo ha prodotto.
Ogni appassionato di medioevo che si rispetti, come il sottoscritto, si è naturalmente cimentato nella visione. Ma questo film è davvero così brutto o meritava di più?
Ridley Scott, tra alti e bassi
Il famoso regista inglese non è nuovo a débâcle del genere. Quello che forse è il suo film più acclamato dalla critica – Blade Runner – fu un fiasco al botteghino per diventare poi il film cult cyberpunk per eccellenza. Lo stesso Scott, che già si era cimentato con il medioevo nel discreto Le Crociate – Kingdom of Heaven, per poi franare di nuovo nel dimenticatoio in Robin Hood con Russel Crowe, non era mai riuscito a bissare il successo del suo altro grande film “storico”: Il Gladiatore, che a dispetto delle numerose incongruenze, aveva incantato il pubblico delle generazioni X, Y e pure i baby boomer, via. Scott ci ha sempre abituati al tutto o nulla: o film indimenticabili come Alien, o pellicole da cancellare dagli archivi come Exodus. In quale categoria collocare The Last Duel?
La trama in breve (senza spoiler)
Nella Francia sotto il re Carlo VI, i nobili minori Jean de Carrouges (Matt Damon) e l’amico-nemico Jacques Le Gris (Adam Driver), si contendono castelli e la virtù di una donna (Jodie Comer), moglie del primo. Favorito dal conte Pierre (Ben Affleck), Le Gris cercherà in tutti i modi di sfruttare la sua abilità per prevalere su Carrouges, fino a essere da lui sfidato a duello per una grave accusa: un duello all’ultimo sangue dove Dio avrebbe deciso il colpevole.

Il cupo ma tutto sommato accurato medioevo francese
Nonostante la discutibile palette di colori del film rispetti il solito cliché sul medioevo buio, fangoso e freddo, The Last Duel riesce immediatamente a fare immergere il pubblico nella Francia medievale, con il suo sistema feudale tutt’altro che statico (uno dei protagonisti, infatti, cita in tribunale il suo signore), le sue stranezze (gli ordini minori clericali, i medici “uroscopi”, la riscossione degli affitti) e il ruolo difficile delle nobildonne, costrette a matrimoni dinastici con mariti testosteronici e interessati solo a guerre e prestigio. In questo, Scott ha fatto un ottimo lavoro rendendo subito credibile tutto l’apparato, pur concedendosi grosse imprecisioni – di cui una (il mezzo-elmo che vedrete alla fine) difficilmente scusabile. Tuttavia, il duello finale e le circostanze che portarono ad esso sono molto accurate e traslate ottimamente nel film.
Il cast è ben amalgamato e i dialoghi sono sempre funzionali alla trama, con un discreto numero di comparse e costumi convincenti (se eccettuiamo il solito errore di mettere il tartan agli scozzesi, in cui cadde miseramente anche Mel Gibson).
Tutt’altro che secondaria l’attenzione al ruolo della donna, laddove Jodie Comer diventa un’eroina dei suoi tempi per aver detto la verità, nonostante a difenderla sia un marito duro e anaffettivo, tormentato dal suo egocentrismo.
Ma allora cosa non funziona?
Nonostante Scott abbia dato la colpa del flop ai millennials che “non fanno altro che guardare il cellulare”, il film ha un grosso problema di dinamismo. Difatti, è raccontato tre volte dai punti di vista dei tre protagonisti, con scene che vengono triplicate con minime e non sempre apprezzabili differenze l’una dall’altra, spingendo la pellicola a 2 ore e 40 di ripetitività e lentezza. Avrebbe giovato fare due unici archi narrativi: quello dei due scudieri con le loro bassezze e quello della povera Marguerite, la protagonista femminile, tagliando 40 minuti buoni di ripetizioni e mantenendo un montaggio più veloce e interessante.
Nel complesso, The Last Duel è un film che non può che essere visto dagli appassionati di storia, mentre l’utente medio difficilmente riuscirà a sopportare la sua lentezza didascalica.