Con “Indiana Jones e il Quadrante del Destino” si conclude l’era di Indy e dei film di avventura anni ’80. Com’è la pellicola finale di James Mangold? Scopriamolo insieme con una recensione SENZA spoiler.
I migliori avversari di sempre
Archiviata la parentesi sovietica del mal riuscito Teschio di Cristallo, in “Indiana Jones e il Quadrante del Destino” (Indy 5), il famoso archeologo ritrova i suoi nemici naturali: i nazisti, magistralmente capeggiati da un Mads Mikkelsen perfettamente nel ruolo. L’artefatto conteso, stavolta, è un congegno misterioso greco, pressoché ignoto al 99% del pubblico, la cui funzione verrà rivelata gradualmente nel film. Saprete di certo dai trailer che vedrete Indy ormai canuto nel 1969 ma anche in flashback del ’44, ringiovanito con una convincente tecnica digitale. Nel “passato” Indy è doppiato dal figlio di Michele Gammino, storico voice actor di Harrison Ford, la cui iconica voce rimane comunque nelle scene con Jones anziano; la differenza di timbro tra padre (voce calda e rassicurante) e figlio (un po’ gracchiante) lascia però un senso di straniamento fastidioso. Le scene nel passato sono un vero omaggio ai capitoli 1 e 3, e quindi la sensazione è qualcosa di rassicurante ma già ampiamente visto. Già da questi momenti iniziali, tolta la credibile faccia di Indy giovane, si vede una certa bruttezza della CGI, un po’ finta soprattutto nelle scene di pioggia e velocità, per cui risulta tutto molto fasullo, quasi come se le tecniche digitali fossero di 10-20 anni fa, con la tendenza ad esagerarle in tutto il film. In luogo di fondali e stuntmen che avrebbero reso le scene di azione molto più credibili (v. Mad Max Fury Road).
One man Shaw
Il film è incentrato ovviamente sulla ricerca di questo incredibile manufatto (il Quadrante) per cui Indy verrà affiancato dalla figlia di un ex-collega, Helena Shaw. Con tutto l’amore che si può volere all’attrice Phoebe Waller-Bridge, il personaggio è stereotipato, antipatico, scontato e continuamente sovrastato da Indy. Non manca un richiamo al Tempio Maledetto con il personaggio di Teddy, un ragazzino ladruncolo che nemmeno lontanamente riesce ad eguagliare la simpatia di Shorty. Con grande dispiacere notiamo il cameo di due co-primari dei precedenti film, abbastanza sprecati e privi del giusto riconoscimento. La presenza di Antonio Banderas come personaggio secondario farà soffrire i suoi fan, essendo relegato a un ruolo anonimo, breve e privo di importanza. Insomma, è tutto sulle spalle di Ford che dimostra di saperci ancora fare, seppure la sospensione dell’incredulità fatica a rimanere integra nello spettatore, continuamente sollecitato a non ritenere plausibili improbabili scazzottate “due contro cento” e inseguimenti incasinati alla Transformers.
Ma c’è del buono
Indiana Jones 5 però non è un brutto film: è solo in ritardo di 15 anni sul gusto del pubblico. Se fosse uscito nel 2008 al posto del terribile predecessore, nessuno avrebbe avuto da ridire. Ma avrebbe comunque segnato il declino di questo tipo di cinema d’avventura ormai schiacciato su storie riviste mille volte (grazie “Viaggio dell’eroe”) e dal finale scontato.
A parte tutto, non c’è mai un attimo di noia e Indy 5 ha i suoi bei momenti: i cattivi sono spietati e brutali, si soffre per le loro vittime innocenti. Mikkelsen è un main villain convincente che riesce a trasparire malvagità pure nel semplice dialogo con un cameriere. C’è l’amarezza di Jones in pensione con la famiglia spezzata, un incredibile finale a sorpresa dove il professore che ha bevuto dal Graal, sconfitto i Thug, recuperato l’Arca dell’Alleanza e visto gli alieni, supera L’ULTIMA barriera che resta e fa quello che qualsiasi archeologo vorrebbe fare al suo posto (guardatelo e capirete). Ci sono luoghi iconici e la immancabile mappa con la linea rossa sul percorso dell’archeologo.
Copiarsi non è plagio: missione compiuta?
Indy 5 decide dunque di tornare nella sua zona di comfort recuperando citazioni e personaggi che fanno parte del suo passato; per questo è scontato ma l’azione non manca mai, non si sbadiglia e Ford sa tenere tutto in piedi.
Nel complesso un film da 6, uno di quelli che non riguarderai più. Un saluto decente (ma non ottimale) al suo personaggio e al genere d’avventura. I tempi sono diversi e agli archeologi si sono sostituiti miliardari spaziali e subacquei. Chissà se il cinema eleggerà loro come eroi del presente. Ma anche il cinema è cambiato: la X non indica più il posto dove scavare… ormai è soltanto il prefisso per un gruppo di supereroi mutanti.
A presto!