Kingsman: quando James Bond diventa tamarro

imageHo visto Kingsman. Certo, potreste dire chissenefrega. Ma se state andando ancora avanti a leggere, significa che o volete sapere che cos’è, o l’avete visto anche voi e volete sapere che ne penso.

In ambedue i casi, Kingsman è un film di spionaggio in chiave action con una certa dose di humor malsano. Non mi dilungo sulla trama: esiste un’organizzazione, i kingsmen, appunto, che agisce sotterraneamente come servizio segreto “neutrale”, usando come nomi in codice, quelli del ciclo arturiano. Uno degli agenti, Colin Firth, recluterà un giovane scapestrato per farne uno di loro (chi ha detto “Men in Black”, laggiù?) e toglierlo dalla strada, mentre un milionario ossessionato dal global warming e ipertecnomane, misto tra Steve Jobs e Zuckenberg ma con la faccia di Samuel L. Jackson, è il cattivo di turno che vuole ovviamente attuare un piano criminoso su scala mondiale.
C’è spazio anche per un cameo di un grassoccio e invecchiato Mark Hamill, che tutti aspettano tornare come Luke nel nuovo Star Wars, una cattiva che sembra la versione ancora più letale di Oscar Pistorius, e un poco utile Michael Caine messo lì un po’ senza un perché.

Ecco i punti di forza di Kingsman:

1. La trama è assolutamente banale quanto irrilevante, perché nel film quello che conta sono le incredibili scene d’azione (è raro che oggi qualcosa stupisca dopo Matrix e i film di Rodriguez/Tarantino), che sono girate dal punto di vista del protagonista dando l’idea di essere lì in prima persona. I Kingsmen sono una via di mezzo tra eleganti dandy e gli agenti di Equilibrium con il loro “kata della pistola”: sono capaci di combattere a colpi di arti marziali e pistolettate (insieme) con riflessi che neanche i Jedi hanno, pur non spettinandosi nemmeno.

2. L’umorismo veramente becero di alcune trovate (non ultimo il finale…), a volte un po’ troppo sopra le righe ma che non stonano troppo con lo scanzonato tono del film, a partire dalla “pezzetta” jovanottiana di Sam Jackson. Ci sembra che chi ha scritto la sceneggiatura volesse prendere in giro un bel po’ di persone: i gruppi religiosi intolleranti degli Stati Uniti, i politici, l’aristocrazia britannica, ma anche la gente comune “da pub”. La regia non lesina di mostrarci risse e massacri di persone anche innocenti in tono comico ergendosi completamente sopra le parti, appunto, prendendo in giro tutti, anche la nostra dipendenza dalla tecnologia.

3. Ottimi colpi di scena che sanno tenere vivo l’interesse.

E i difetti? La semplicità davvero eccessiva della trama, mero pretesto per gestire abiti di lusso, tecnologia spionistica e azione; inoltre, alcuni temi seri (vedi la violenza domestica) messi dentro il megacontenitore ironico del film risultano un po’ tanto fuori luogo, stonando inevitabilmente. Concludiamo con personaggi buffi ma troppo stereotipati per lasciare il segno.

Insomma, un’oretta e mezza di intrattenimento a “cervello spento” direttamente dall’UK, che difficilmente rivedrete ma lì per lì si lascia guardare.

Quando Star Wars incontra il manga

Amanti di Star Wars? Amanti dei manga e degli anime giapponesi?

Guardate questo capolavoro di animazione del bravissimo Paul Johnson: Tie Fighter! Rievoca in chiave nipponica una tipica battaglia stellare dell’universo di Lucas, vista da parte imperiale!
🙂

Cattura

Un cortometraggio interessante

Segnalo questo cortometraggio del 2003, “Rosso Fango” (Red Mud), premiato ai David di Donatello, del regista genovese Paolo Ameli, con la partecipazione di uno dei comici dei Cavalli Marci (Pulci). Il corto però è tutt’altro che comico: narra la storia (forse) vera, di un incontro avvenuto al pluridecorato Henry Tandey, nelle trincee della prima guerra mondiale (di cui decorre il centenario) che… beh non vi posso anticipare nulla. Guardatelo fino alla fine!

Guarda su Youtube:rf

I tassisti, Uber e la guerra tra poveri

uber versus taxi

E’ in atto una guerra e a combatterla sono auto bianche contro auto nere, ma non è Star Wars: è uno scontro che ha tutt’altro che aspetti manichei. Premetto che io adopero il taxi solo per lavoro e quando ovviamente sono rimborsato; stessa cosa per il NCC (Noleggio con conducente) e non ho mai usato Uber.

Recentemente sto chiacchierando molto coi tassisti che mi trasportano, di tutte le città. Ho, d’altro canto, diversi amici che sbandierano quanto sia figo Uber, che hanno speso pochissimo, che è comodissimo, che finalmente sono liberi dalle tariffe strozzine dei taxi ecc.

Per chi ancora vivesse sulla Luna, Uber è: “un’azienda con sede a San Francisco, (USA) che fornisce un servizio di trasporto automobilistico privato attraverso un’applicazione software mobile (app) che mette in collegamento diretto passeggeri e autisti. Le auto possono essere prenotate con l’invio di un messaggio di testo o usando l’applicazione mobile, tramite la quale i clienti possono inoltre tenere traccia in tempo reale della posizione dell’auto prenotata.”

Recentemente i tassisti stanno facendo guerra a UberPop: è un servizio dove io con la mia macchina privata posso diventare un loro driver e portare gente a pagamento, rispettando alcuni requisiti. Facendo, di fatto, concorrenza ai taxi: in fondo l’autista di UberPop non fa né più né meno che trasportarmi dal punto A al punto B, con un comodo sistema di pagamento automatico, laddove in alcune città italiane sono ancora pochi i tassisti col POS (e questo è un problema se sei di fretta e non hai contanti, che ho riscontrato di frequente).

Ecco i punti degli uberisti convinti: i taxi costano troppo. Indubbiamente vero. Nonostante io li usi solo con rimborso, trovo che le tariffe siano un po’ salate, specie in Italia dove non c’è una sana concorrenza tra compagnie che fa diminuire i prezzi, cosa che sta provando a fare la famigerata app in nero, entrando a gamba tesa nel mercato. I driver di Uber sono contenti perché chiunque di loro può lavorare senza comprare licenze costose.
Apprendo, dagli amici che usano la app, che gli autisti, in diversi casi, sono dopolavoristi che arrotondano e non lo fanno proprio “di mestiere”. Ovviamente tra loro ci sono neodisoccupati, come accade a coloro che diventano tassisti, troppo difficile fare una stima con i miei mezzi.
Inoltre, il pagamento avviene sempre tramite app con tracciabilità del percorso e senza contanti, cosa che, sulla carta, dovrebbe limitare le fastidiose truffe e i cambi di percorso che a volte vengono rifilate ai turisti dagli autisti (non neghiamolo: succede a tutti prima o poi di beccare il “furbetto” che ti fa fare il giro panoramico).

Ecco i punti dei tassisti: mi ribattono che loro sono molto più formati, fanno corsi sulla sicurezza, sulla guida, primo soccorso ecc. e l’auto ha delle dotazioni di sicurezza e controlli in più. L’autista di Uber è invece un privato cittadino che guida un’auto sua, come me o voi, senza formazione specifica e quindi “non saprebbe gestire adeguatamente un’emergenza”. Vero, anche se non credo che a molti di voi siano capitate emergenze in taxi, anche se il giorno che avrete bisogno, preferirete avere un autista che ha un minimo di training piuttosto che il tizio che abita di fronte.
Aggiungono il sacrosanto fatto che la licenza del taxi costa come un bilocale a Rapallo (non scherzo: parliamo di cifre a 5 zeri!!!) per cui molti tassisti devono fare un mutuo per comprare la licenza, e una volta presa, va detenuta per un po’ di anni con dei vincoli severi che impediscono la cessione facile. Quindi il tassista ha ragione di arrabbiarsi perché la concorrenza è davvero ìmpari, anche perché ci vogliono diversi anni per rientrare dell’investimento della licenza.

E’ ovvio che si può dire: “se arriva un concorrente, governo e società dei taxi dovranno accordarsi e abbassare i costi delle licenze, incredibilmente alti“. Certo, è probabile, ma questo non deve andare a scapito dei tassisti con una concorrenza dove non c’è storia. Purtroppo un’azienda privata non può che “fare baccano” e non può cambiare le leggi. In questo almeno, Uber ha fatto clamore e speriamo che qualcosa si muova politicamente.

Ora mi spoglio un po’ delle odiose cifre (“A single death is a tragedy, a million deaths is a statistic.”) ed entro nel discorso emotivo.

Recentemente vengo caricato in taxi da un ragazzo giovane che mi racconta la sua storia, e non è la prima volta, di licenziamenti, tagli del personale, lui sulla strada con la sola prospettiva di diventare tassista… la mamma che si ipoteca la casa per pagargli la licenza di taxi, 2-3 anni di turni senza festività, che deve fare per ripagare il migliaio di euro al mese di mutuo che ha pagato per la licenza. In una bella fetta di casi (nei miei non statisticamente significativi sondaggi, sono il 20-50%), i tassisti sono persone che lavoravano come dipendenti e sono diventate disoccupate, e hanno scelto la vita del tassista che è tutt’altro che riposante. Diciamoci la verità… Nessuno farebbe il tassista a meno che non sia obbligato dalle circostanze! Costi alti da recuperare, turni stancanti, traffico, multe, clienti che scappano senza pagare e aggressioni notturne da parte di clienti balordi e ubriaconi/drogati, rendono questo lavoro tutt’altro che appetibile.

Poi però, penso a chi vuole un passaggio in auto senza svenarsi per l’assenza di concorrenza, perchè gli fanno schifo (a buon diritto, visto il livello) i mezzi pubblici.

E capisco che Uber vs. Taxi è l’ennesima guerra tra poveri.

Da un lato l’assenza di libero mercato rende le licenze pazzescamente alte e forza le tariffe ad essere altrettanto alte. Dall’altro, l’arrivo di un concorrente privato in un settore dove c’era il monopolio, sbaraglia coloro che devono seguire un iter pubblico costoso e conservatore mettendoli in una situazione di forte svantaggio.
Arduo capire chi ha ragione.
I tassisti si incazzano e scioperano contro Uber. Gli Uberisti temono e anzi a volte subiscono aggressioni. Si combatte nei tribunali, coi sindacati. Tutti gli utenti sperano che vinca Uber per il semplice motivo che costa meno ed è percepito come identico al servizio “in bianco”. Eppure le sentenze iniziano a sfavorire UberPop, che già viene dichiarato illegale in molti paesi.
I combattenti, quelli veri, sono simili a quei poveri fanti della Prima Guerra Mondiale: una guerra di “morti di fame contro morti di fame”. E’ solo meno cruenta e si combatte coi portafogli.
E come sempre, si combattono i fanti mentre chi sta alle spalle, lucra. Perché la vittima è il poveraccio che paga 100-200.000 euro una licenza, come quello che deve spendere 25 euro di taxi per fare 15 km.
Mi piacerebbe solo che a prenderlo sotto la coda non fossero sempre le categorie meno abbienti: i passeggeri e gli autisti. Ma non siamo stati ancora in grado di sconfiggere il “darwinismo sociale” tipico dell’umanità, per cui non aspettiamoci troppa benevolenza da “chi sta sopra”.

A me però, fa specie vedere gli occhi di questo giovane tassista sgranarsi per un paio di euro di mancia. Mi dice grazie come se gli avessi donato uno Swarovski e io, mentre mi trascino il mio trolley verso il portone, provo amarezza, e un po’ di vergogna per la mia fortuna.

GoT 5a stagione

… Pronti per il 12 aprile? 🙂

I passeggeri del treno che non vorresti mai incontrare

FS TAF 64

Capita a tutti di prendere il treno. Che già è una tragedia: ritardi, sporcizia e quant’altro. Ma è la categoria dei passeggeri a dare gioie e dolori. Perché lo sapete benissimo: il mondo è un palcoscenico e noi gli attori. Ecco pertanto alcune categorie di passeggeri ferroviari che non vorreste MAI incontrare e un rimedio per ognuno di essi:

  1.  L’uomo-puzza

L’uomo-puzza, non è un supereroe della Marvel: è la nuova frontiera delle armi di distruzione di massa. Viaggia SOLO su mezzi pubblici. Si siede vicino a te il 15 luglio con addosso il maglione di flanella anni ’80, che gli andava bene 25 chili fa, e sotto ha la maglia della salute in lana merino, per stare tranquilli. E se gli gira, si è già sparato tre o quattro bianchini al bar e sono le nove e mezza… e non può fare a meno di esalare miasmi dalla bocca, succursale della cloaca maxima.
Lo odori già dal fondo del corridoio e preghi: “ti scongiuro Signore, niente Youporn per una settimana se fai che vada nell’altro vagone!!!
No. Viene da te, invadendo le tue narici laddove anche il deodorante Borotalco è a braccia alzate, ma perché si arrende. E tu pure: non puoi fare niente. Cosa gli chiedi?!?! “Scusi, può puzzare di meno? Scusi, può mica farsi una doccia veloce?” No, non puoi.
Puoi solo strapparti i peli del naso per crearti un dolore così forte da distrarti, o farti da Voghera a Bologna in apnea come i sub in assetto variabile.

  1. Il bisinesmèn

Qui l’odore cambia. Un’ondata di CKOne o Acqua di Giò comprato a prezzo stracciato all’outlet ti cuoce le narici: sta forse entrando una battona in cerca di clienti? No! È l’uomo d’affari selfmade-man, nel senso che si fa da solo (le pippe) quando imbrocca una transazione! Può essere il classico milanese stile Guido Nicheli (uè io non c’ho mica tempo da perdere, ciccio!) ma anche un ibrido mendeliano “milaneso-mezzogiornino”  con il suo curiosissimo accento misto lombardosud che pare uscito da uno sketch di Aldo Giovanni e Giacomo.
Si siede nel tuo scompartimento e tira fuori dalla borsa di Cavalli metà dell’Apple Store di Rozzano: iPhone, iPad, iMac, iMinchia.
Poi, come a Risiko, si espande immediatamente sul tavolino colonizzandoti tutte le prese di corrente vicine e lasciando il tuo Alcatel senza speranze. E costringendoti ad avvisare i parenti che dopo Pisa Centrale non potranno mai più contattarti; pertanto lasci delle direttive anticipate per il tuo eventuale espianto degli organi.
E appena seduto, scatta la serie interminabile di telefonate di lavoro dove la sua natura di Gordon Gekko dello stivale, emerge negli immancabili termini anglofoni imparati nei PowerPoint aziendali e pronunciati alla Boldi: “chiama un po’ il franciàisin che alziamo il réit dello shèr offsciòr, guadagniamo del kesh ìsi e gestiamo il menàggement”.
Ma il vero menaggio-ment, lo sta facendo lui a te.
Puoi solo aspettare un’altra crisi finanziaria mondiale, nel frattempo.

  1. L’omni-commentatore

Molto diffuso tra la categoria “anziani over-70”. In questa variante, fa tenerezza e innesca un’amara riflessione sulla solitudine senile. Fuori da essa… può causare l’orchite acuta.
L’omni-commentatore ha un solo obiettivo: trascinarti in una conversazione alle 06.39 del mattino quando hai la cataratta, le palle più girate di un cannibale nel reparto verdure, sei in ritardo e hai mangiato il muffin della stazione al cromo-vanadio e trangugiato il cappuccino “acqua del Mocio Vileda”.
Entra nello scompartimento dice: “eccoci qua. Ce l’abbiamo fatta!” – Manco stessi partendo per il Vietnam… vabbè, sorriso di circostanza e fine.
Adesso vediamo se riusciamo a leggere il giornale.” – Buono, così stai zitto, Ma realizzi che lui non ha nessun giornale: vuole TE.
Ma dove ho messo gli occhiali?” – Non guardare me: io porto le lenti.
Eh devo averli lasciati nell’altra borsa.” – Che tragedia, chiamiamo la FAO, guarda.
Mamma mia che freddo in questo scompartimento.” – Grazie del servizio meteo, ho i termocettori anche io.
Dove va?” – Non so dove vado io, ma so dove sto per mandare te!!!
In ogni caso, da qui alla fine del viaggio riuscirà a farti parlare, altro che la CIA!!!
Puoi solo fingere una morte improvvisa. E comunque, lo sentirai commentare anche quella.

  1. La soprano telefonica

Tremenda. È la versione audiomolesta dell’uomo-puzza. Sicuramente viene da un posto dove i decibel non hanno nessun organismo internazionale di tutela. La vedi estrarre il telefonino a conchiglia del 2002. Parte la suoneria base, quella che tutti cambiano dopo 30 secondi, ma lei no, perché non sa come fare. E tu sei fi-ni-to. Sul display appare la scritta “Zia Giuseppa cell”. È meglio che salti dal treno in corsa.
PRÒÒÒNT?!?!?! UEEE COMM’ STAI?!?!?!? È UN ZACCO CHE NON CI ZENTIAM’!!!! (Non si sentono dall’altroieri, NdR) VENGO DALLO ‘SPEDALE: LO SAI CHE A ZIO PEPPINO C’È VENUTO UN ICS… SIIII, STABBENE MO, MA CE L’HO DETTO AL MEDICO CHE TIENE LA DIABBETE E IL POLISTIROLO ALTO!!! EEEEEEH?!?!? NON TI SENTO!!!!!
Pure il capotreno, dall’ultimo vagone, si volta pensando a qualcuno che stia scorticando vivo un gatto o partorendo quattro gemelli.
Esistono numerose varianti:

  • C’è la caraibica: la riconosci dalla suoneria alla modalità volume: “reattore di un Boeing 747” e rigorosamente salsa-merengue-bachata, nonché perché quando parla ripete urlando: “magnàna magnàna magnàna, porché porché porché”;
  • C’è quella che viene dal paese “???”, detta anche “hhhmmghhgmmhmgmhmghhhhhmmgmh”, dove non capisci se nella sua lingua ci sono le vocali o se si stia solo schiarendo la voce. La riconosci perché parla gridando sempre con lo stesso tono, sia che stia dichiarando l’amore o che voglia ammazzare suo cognato. Inoltre urla a seconda della distanza della persona con cui vuole parlare, e se ti va male, è il Madagascar.
  • C’è la nordica lombardovenetaemilianoromagnola, anche detta “uè testina – pota – va in mona – socc’mel – ciap ches’chì – burden” che non la capisci proprio (e quindi non puoi farti i cavoli suoi) e inframezza parole dialettali ovunque, anche nella versione ligure “belin belin beliiiiiiiiin“, e per finire………….
  • la temutissima tromba bitonale romana: “AOOOOOO’ ABBBELLLAAA!!!! ANVEDI CHE SORPRESAAAAA!!!! NOOOOO, NUN POI CAPÌ… TE DEVO TROPPO RACCONTAAAA’ CHEMME’CCAPITATOOO….”

Dai negozi di fai da te, vendono le cuffie per usare il martello pneumatico: valutate l’acquisto che qualcosa fanno.

  1. L’induttrice di vasectomie

Purtroppo nella vita di una donna arriva il momento della riproduzione… Che riguarda anche l’uomo per la parte piacevole iniziale; fase che precede il diniego e la codardica fuga dalla prole ogni volta che sia possibile. Restano lì, frutti del connubio d’ammmore, due bambini pacifici e obbedienti quanto due ultras del Feyenoord e una mamma che merita il Nobel per la Pace, altro che Arafat o Rabin.
La bimba vestita da Hello Kitty ma purtroppo non priva di bocca come la tenera gattina, salta qua e là urlando e ondeggiando la sua fottuta Barbie che la farà crescere complessata e insicura.
Il “piccolo lord”, che già parla come uno scaricatore di porto, se ti dice bene sta spaccando i tasti della PSVita, tenendo gli occhi e la bocca spalancati e l’espressione da rintronato, ma se ti dice male rompe a nastro la uallera per guardare sul tablet della madre quella braciola mancata di Peppa Pig. Quando tu gli vorresti spiegare che l’unica maiala degna di questo nome, spererà di incontrarla a 18 anni.
Ad un tratto osservi qualcosa che pare il razzo della Cristoforetti che parte verso l’orbita della tua faccia. E’ il gelato al gusto puffo che la mamma ha pensato bene di comprare dall’ambulante della stazione e che il piccolo principe sta spalmando sui già luridi sedili di Trenitraglia. E se la mamma è del fenotipo “fai tutto quello che ti pare”, il piccolo si prenderà pure un “che bravo, amore: sarai un artista da grande!”.
A te non resta che pregare che, agli scout, gli restituiscano tutto il nonnismo che ti sta infliggendo.

Ce ne sarebbero tanti altri di passeggeri strambi… potremmo andare avanti per ore.
E voi? Ne incontrate mai? 🙂

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L’arte spiegata ai truzzi

Ormai sul Tubo è difficile trovare qualcosa di originale: gli youtuber diventano sempre meno interessanti e quasi tutti non propongono niente di particolare. Eppure, qualcuno ancora innovativo c’è. Mi imbatto per caso in questo splendido canale: “L’arte spiegata ai truzzi“, una rubrica dove, con tono scanzonato, una guida turistica romana tenta di spiegare le principali opere d’arte in linguaggio tamarro. Ecco un esempio con il Cenacolo di Leonardo e con il Giudizio Universale di Michelangelo.
Enjoy! 🙂

Perché “Cinquanta Grigiure di Sfumo” piace tanto alle donne?

50 sfumature di grigio (film).jpg
“50 sfumature di grigio (film)” di ValeG94Wiki – http://www.hd-trailers.net/. Con licenza Copyrighted tramite Wikipedia.

Capita che tu sia fuori alle sei di sera e ti venga in mente che forse puoi cenare con lei e andare al cinema! Allora le proponi: “Andiamo a vedere Birdman?” – e incassi la faccia col labbro superiore un po’ tirato in su del “Che cacchio è? Sarà tipo i Fantastici 4…. E se andassimo a vedere le 50 sfumature?” Controlli sul telefono e ZAC! Birdman nel cinema vicino viene dato in una sala sola alle 19.30 e devi ancora cenare, mentre ci sono 472892 orari di proiezione del film sadomaso tratto dal libro di E.L. James.

Massimo rispetto per la cara signora col pallino del sesso BDSM: ha iniziato autopubblicandosi e ora vende milioni di copie e per uno come me che ha intrapreso la strada del self-publishing (a proposito, comprate il mio eboook!!! 😛 ), per quanto non apprezzi il genere, lei è quantomeno da stimare per dove è riuscita ad arrivare.
A questo punto ti tocca: 10 euro di biglietto e sei in una sala semideserta con rapporto uomini-donne 1:10.

Da qui SPOILER ALERT:

Parte il film: l’interpretazione di Anastasia alias Dakota Johnson (figlia di Don e Melanie Griffith) non è neppure male, ma sembra l’inizio de Il Diavolo veste Prada. Personaggio già visto: la timida stagista vs. improvvisata laureanda giornalista vergine…. tutto visto e rivisto… CHE PALLE!!!! Ma il peggio si ha vedendo la prestazione di “Occhio-sbircio-e-photoshoppato” Jamie Dornan, alias Christian Grey, il sadico CEO protagonista del film. Tremendo lui e tremende le battute che gli fanno pronunciare.
Visto che devono fare innamorare i due tizi in 2 ore, saltiamo il corteggiamento: i due già sono tutti lì a scambiarsi sguardi e battute languide già 15 minuti dopo il primo incontro. Poco credibile e l’impianto narrativo cede. E vabbè, non mi aspettavo Scorsese o Cronenberg.
Tutto però vira sul comico….
Mr. Grey a petto nudo, ad un certo punto, si sporge sinuoso sul letto dove è sdraiata Anastasia, e morde un toast da lei tenuto in mano con un’espressione voluttuosa sul volto che non vedi manco a Shakira nei suoi video… e il pubblico ride. Perché non può fare altro: è talmente ridicolo che chiunque lo facesse nella vita reale, distruggerebbe ogni erotismo. Eppure la nostra Anastasia sembra gradire. Ok, è un film di fantascienza.

Al momento della battuta: “Io non faccio l’amore: io scopo… forte.“, ci manca che esca da dietro Rocco Siffredi con il sacchetto di patatine in mano. Il pubblico ri-scoppia a ridere e si capisce che i dialoghisti hanno optato per il terra-terra.

Alla battuta “E’ ora del bagnetto”, terza risata. La quarta risata del pubblico non me la ricordo, ma ricordo invece che “50 asfaltature di m**chia” non è inteso come un film comico. Solo e soltanto negli ultimi 20 minuti ci si ricorda che la storia deve essere tesa (dove sei, Elio… vogliamo una tua parodia!) e finalmente il film inizia ad essere thrilleroso come doveva essere… per finire con l’ovvio occhiolino al sequel. Che non credo mi vedrà presente in sala.

Insomma: cento colpi di spazzola, cinquanta sfumature di grigio, venticinque rotture di palle.

Io sono maschietto: finita la proiezione mi alzo ed esprimo ad alta voce ed in maniera triviale il mio disappunto, venendo guardato male da ogni donna che mi ode. Scopro che al pubblico femminile in sala il film E’ PIACIUTO!!! E solo le facce disgustate dei cromosomi Y presenti mi fanno capire che è un problema di sesso. E’ banale, ma è così.

E mi sono dato questa spiegazione: il film piace perché Mr. Grey (ottimo direi) è l’archetipo della fantasia femminile; non per niente è stato scritto da una donna. Ha tutto quello che una lei potrebbe desiderare: è ricco, ha stile, ti viene a prendere in elicottero e ti regala un’auto per la laurea, è ombroso, misterioso e dotato dell’odiatissimo “passato oscuro”, puoi giocare a dama sui suoi addominali e tratta un po’ male la sua donna (vedi la canzone “Cara ti amo“: mi drogo, bestemmio ecc….-> Ti amo), ma poi la sa trattare anche bene (si chiama Disturbo Bipolare ed è una malattia, non una caratteristica… ve lo ricordo).

Grey soddisfa le fantasie principe-azzurresche delle donne (è ricco e generoso) UNENDOLE con l’aspetto ombroso e misterioso (è un sadico col passato ignoto e le cicatrici stile Hokuto sul petto), e soddisfa anche l’aspetto crocerossinesco delle donne (“Io sarò quella che ti cambierà con il mio ammmore: è la mia missioneeeeee!!!“).
Il Principe Azzurro, se ci fate caso, non è mai ombroso: anzi è una palla di uomo perfetto, figo ma poco interessante, mentre uno come Grey lo è di certo. E poi non si lascia andare, altra cosa che innesca la “missione” femminile meglio di un disastro umanitario.

E voi che ne pensate? 🙂
Ciao a tutti!